domenica 8 novembre 2015

That’s how a superheroes learns to fly

Avete presente quelle scene da film che ogni tanto capitano anche nella vita di noi poveri mortali?
Beh, ieri sera ne ho vissuta una.
Il buio intervallato dalla luce gialla e fioca dei lampioni, l'asfalto rovinato e i tacchi dei miei stivali come unica fonte di rumore.
Mi muovo con calma, so che mi stai guardando e so anche quanto posso essere imbranata quando cammino e qualcuno mi osserva perché non vede che me.
Voglio essere all'altezza di quel mezzo sorriso che fai e nel momento in cui tento di spostare una ciocca di capelli dagli occhi faccio una mezza giravolta, ti vedo attraverso il finestrino e rido perché sei ancora li.
Sei li perché sei andato via troppo spesso, forse... Ed ora devi recuperare.
O magari sei ancora li perché qualche cattivone di turno potrebbe prendermi e portarmi via... Anche se tu più di tutti sai quanto questo villain ci rimetterebbe perché "Sei troppo badass per essere come le altre."
Ma più di tutto, credo che tu sia rimasto li perché vuoi tener fede a tutto quello che hai desiderato per una vita, perché non sono l'unica a voler sentirsi in "un film vecchio della Fox", perché c'è una parte dentro di te che sa che esser vecchio stile è meraviglioso e che le piccole attenzioni fanno bene al cuore.
Arrivi tu ed il tempo si ferma. E' sempre stato così.
Io allora non posso far altro che godermelo, dimenticando i secondi che scorrono veloci.
Ti lancio un bacio con la mano, un po' imbarazzata e forse anche un po' rossa in viso, ma con un sorriso così vero e luminoso da far impallidire i lampioni lungo la strada.
Abbassi la frizione e metti la prima, forse aspettavi proprio quel bacio per andar via... O per non farlo mai più.
Mi giro e sorrido, quasi saltello tanto che mi sento leggera perché so che adesso lo sei anche tu.

E pensare che qualcuno una volta ha detto che io credevo di vivere in un romanzo.
Beh sorella, non ci crederai ma... E' proprio così. 

venerdì 6 novembre 2015

She lives between the ticks of a second

Durante gli anni delle superiori mi sono successe così tante cose che a volte tendo a dimenticarle, fino a quando non si riaffacciano prepotentemente quando leggo una frase su un libro o ascolto per sbaglio una canzone.
Pensando pensando, ho realizzato che sono sempre riuscita ad ottenere tutto col minimo sforzo... Fino a qualche anno fa. Voti alti studiando per piacere, il minimo indispensabile per farmi una cultura tutta mia, per creare nella mia testa un mondo ben preciso... Poi.. La Noia.
La Noia, signore e signori, è quella sensazione che rovina la vita ogni giorno a milioni di persone facendo dimenticare a tutti quanto sia bello alzarsi da una sedia e iniziare a fare quello che si vuole davvero.
Certo, da adolescenti non è mica facile farlo. E nemmeno a 25 anni per quanto mi riguarda.
Pero' ogni tanto mi perdo nei miei pensieri, ritorno a situazioni o gesti che ho fatto cercando di analizzarli al di fuori di tutto e quello che trovo non sempre mi piace.
Stamane invece ho avuto l'illuminazione.
Quando la Noia si è impossessata di me, anni or sono, io ho iniziato a fare qualcosa che non avevo mai fatto prima: Contare i minuti che mancavano al suono della campanella.
C'erano giorni in cui quei 15 minuti mancanti volavano e giorni in cui 15 minuti sembravano 15 secoli.
Voi direte: "Tutti i ragazzi lo fanno. tu che hai di speciale?"
Nulla, come al solito, classico.
Mi sono solo accorta che il tempo, quello che manca, si prende gioco di me costantemente e che dalla prima volta che ho controllato l'orologio per fare il conto alla rovescia...Beh, sono diventata una vittima, una schiava di questa pessima abitudine.
Adesso aspetto tutto con la stessa ansia, lo stesso senso di inutile e vuoto entusiasmo che provavo per quella stramaledetta campanella. Aspetto le uscite dei film, le feste di compleanno, i Natali futuri, il momento in cui andrò via da qui, il senso di libertà che desidero da una vita.
Si, lo so, chiunque ha fatto almeno una volta nella vita questo pensiero, ma la mia teoria continua.
In questo vortice spensierato c'è della paura. Paura di sentirsi pesanti come quando si scendevano le scale con lo zaino in spalla per andare in cortile e poi a casa sapendo di doverci tornare il giorno dopo e quello dopo ancora.
Insomma, se quello che aspetto non sarà all'altezza delle aspettative?
Se il film di Star Wars il 16 Dicembre mi farà schifo?
Se il giorno della mia laurea sarò felice perché ho raggiunto un traguardo il mio primo pensiero sarà "non è ancora finita" ?
Credevo di vivere nel passato ed invece è il futuro che mi frega. Mi irrita non sapere come andranno le cose e nel frattempo le aspetto come ho aspettato le uscite dei libri di Harry Potter.
Forse sono i progetti e le scalette non rispettate scritte su un quaderno in questi anni che mi hanno fatta arrivare qui con questi pensieri.
Sono le cose che credevi sicure e che poi non si sono avverate quelle che ti piegano, ma per il momento non ti spezzano.
"Sicuramente quando farò 18 anni i miei genitori mi daranno un po' più di libertà." Ed invece arrivi a 25 peggio di prima.
"Quando avrò un figlio gli farai da padrino come Sirius Black?" E poi la persona a cui l'hai chiesto non ti parla più perché di te non gli è mai importato nulla.
"Darò l'esame di Chimica Fisica 1 a prima botta." E poi vai fuoricorso di due anni per darlo.

E' che mi piace lamentarmi, ma poi faccio gli stessi errori grossolani. Fino a qualche mese fa, almeno.
Ho detto che voglio esser migliore e così sarà.
D'altronde aspettare qualcosa non è detto che sia così brutto, magari impegnandomi come sto facendo adesso riuscirò a far funzionare tutto, come dico io.
Rileggo questo post e ripenso alla me liceale che scriveva sul banco "-20 min" e dopo 5 minuti cancellava per aggiornare "-15 min", mentre il banco era ricoperto di citazioni sagge a cui non ho saputo tener fede e soprannomi che invece mi restano attaccati addosso.
All'epoca non mi sarei immaginata così, ma in fondo, molto in fondo, essere come sono ora non mi dispiace per nulla e credo proprio che la me 17enne ne sarebbe fiera.